Articolo di Franco Pepe – Tratto dal Giornale di Vicenza
L’ottico Padrin racconta al GdV il suo rapporto speciale con Del Vecchio
«Solamente il suo primo dipendente gli dava del tu, tutti gli altri del Lei. Era attento a ogni cosa, dettagli compresi. Dobbiamo essergli grati»
«Fabrizio, penso sia arrivato mio padre. Ho sentito il rumore dell’elicottero. Vuoi salutarlo?». «Certo, Marisa.»
Agordo. È metà febbraio del 1998. Un sole di montagna inonda la Luxottica di via Valcozzena.
Marisa è la seconda figlia di Leonardo Del Vecchio, il re degli occhiali. È una donna semplice, alla mano.
Fabrizio Padrin è un ottico di Vicenza che ad Agordo, in quella fabbrica dei miracoli, è ormai di casa e con lei ha dimestichezza perché hanno una passione in comune. Amano entrambi i cannocchiali vintage. Del Vecchio lo ha incontrato altre volte in azienda in alcuni eventi. Ma quel giorno resterà incancellabile.
Il racconto di Fabrizio tradisce un’emozione che a distanza di tanti anni, gli regala sempre brividi. «Marisa aprì la porta, e lui apparve con quel suo sguardo severo, quasi gelido, che incuteva soggezione. A qualche metro di distanza un tecnico in camice bianco girava le pagine di un notes. Più in là, su un tavolo a forma di cavallo, centinaia di occhiali sporgevano dalle couvettes ordinate». Padrin e Marisa salutarono, ma Del Vecchio e il tecnico non si scomposero. Come non li avessero visti. «Rimanemmo impalati sull’attenti come due soldatini. Del Vecchio sollevava un occhiale, lo guardava e diceva: “Questo lo marchiamo così, questo va bene per l’altra griffe, questo per la casa francese”. E recitava i nomi dei massimi stilisti della moda made in Italy. Ero sconvolto. Pensavo fossero gli stilisti delle singole maisons a scegliere le collezioni. Invece era Del Vecchio che indicava le montature più adatte a rappresentare il brand». Passarono diversi minuti.
Poi, all’improvviso, il patriarca alzò gli occhi e si accorse di lui. Si avvicinò, tese la mano e Marisa lo presentò. «Buongiorno Signor Del Vecchio, questo signore è Fabrizio Padrin, un ottico di Vicenza». Del Vecchio finse di riconoscerlo: «Come mai è qui oggi?» Solo poche parole.
Poi, di scatto gli mise in mano un occhiale da sole con un’etichetta sulla quale spiccava il nome di uno dei più famosi creativi del Belpaese.
«Cosa ne pensa?». «Sì, questa linea è piaciuta molto in negozio» Rispose Padrin. Il viso di Leonardo Del Vecchio rimase immobile, ma Fabrizio capì che si attendeva qualcosa di più. Allora si fece coraggio. «Io darei un valore aggiunto a questa linea. Deve simboleggiare l’uomo che cerca la qualità non solo nella montatura, ma anche nelle lenti. Non metterei queste lenti in resina. Le sceglierei in cristallo con l’antiriflesso… sa, le hi-tech e lo stile di quell’azienda abruzzese che produce lenti solari di eccellenza»
Il presidente di Luxottica non aggiunse più nulla. Solo un rapido sguardo d’intesa con il tecnico dall’altra parte della stazza che si mise a scrivere come se avesse letto un messaggio in codice. Poi Del Vecchio si congedò freddamente.
Qualche mese dopo la collezione con la griffe celebre arrivò nei negozi di tutto il mondo con le lenti prodotte da quella fabbrica Italiana, la stessa che qualche anno dopo Del Vecchio avrebbe acquistato. Fu un successo strepitoso che durò un decennio. Giù dalle scale, Padrin chiese a Marisa: «Ma con tuo padre vi date del Lei?» «Sì, ci siamo abituati. In famiglia si usa così. Lo vediamo poco. È sempre impegnato. Era un mese che non lo incontravo». «Solo una persona – sussurra Fabrizio – dava del tu a Leonardo ed era Dino, il suo primo dipendente. Prima la fabbrica, gli operai. Poi veniva la famiglia. Era cresciuto nell’orfanotrofio dei Martinitt, non aveva imparato cosa fosse la tenerezza anche se era sensibile alle esigenze dei dipendenti».
Affiorano altri ricordi. «Qualche mese fa fui invitato a Milano nella nuova sede di Luxottica in occasione di Mido, la mostra internazionale di ottica. Lui girava fra 300 persone giunte da tutti i continenti. In quei 5.000 metri quadrati disseminati di ledwall e innovazioni, di immagini di un’infinità di brand, salì sul palco la direttrice mondo, poi la direttrice Europa. Parlavano dei risultati di Luxottica-Essilor. Io ero vicino a lui. Cominciò a lamentarsi con l’amministratore delegato: “C’è un rimbombo, dove sono gli altoparlanti? Com’è possibile?” Per Leonardo doveva essere sempre tutto perfetto. Quella sera mi stupì ancora. Era attento a tutto, persino ai dettagli.
Noi italiani dobbiamo essere grati per sempre a questo uomo perché il suo comparto occhialeria del distretto veneto rappresenta oltre 70 per cento della produzione mondiale di occhiali di media e alta gamma. Questo straordinario imprenditore ha saputo inventare in una valle prima sperduta un know how incredibile.
Fabrizio Padrin.